Avete presente quando due persone sono onnipresenti e la loro presenza, seppur discreta, è continua negli anni, al punto che se non te li trovi con i loro faccioni sullo schermo “fa strano”? Neanche fossero due familiari?

Io provo questa sensazione con i due moschettieri della cucina italiana, Bruno Barbieri e Alessandro Borghese. Il primo come saprete tutti si è dato all’hôtellerie, il secondo sbrodola i palinsesti con programmi culinari in ogni versione possibile: con vip, senza vip, in giro per l’Italia a cercare la migliore bruschetteria della valle del Tevere, il miglior ristorante con pergolato delle isole Tremiti, con regioni a confronto, a Hong Kong, in culonia eccetera eccetera. Il fondo pensione di entrambi è costituito dalle repliche, che, se solo sono stati furbi e hanno strappato un contratto capestro monetizzandole adeguatamente, arricchiranno tutto l’albero genealogico.
Tv8, quando non celebra il Natale fino ad aprile, piazza una bella puntata di 4 Hotel e 4 Ristoranti e l’uomo campa. Sono quei programmi assolutamente perfetti per i seguenti utilizzi:
- Durante lo smartworking, quando hai bisogno di uno sfondo per avere compagnia e non essere troppo focalizzato. Fra una rottura di scatole e l’altra ti vedi davanti un piatto di ravioli e una torta alla crema chantilly e t’aripiji (quasi rima);
- Mentre si attende a qualcosa di rognoso, palloso e burocratico; insomma, per lenire le rotture di coglioni si accende la tv e scappa un sorriso con Bruno che fa il cliente maleducato;
- Mentre si mangia, per soddisfare una mia personale perversione: veder mangiare e cucinare mentre mangio. Questo gioco di specchi con il cibo mi soddisfa;
- Per il fascino del già noto che ha sempre il suo perché ed è rassicurante.
Ma che cosa impariamo da Bruno ed Alessandro?

Tv8 è la televisione dello spirito imprenditoriale per eccellenza (non a caso, di stampo statunitense come il broadcaster di cui è espressione). Si celebra “la gente che lavora” in ogni sua forma; molte categorie commerciali sono rappresentate e hanno un programma dedicato. Non fanno eccezioni gestori di hotel e ristoratori. Ogni hotel e ogni ristorante è rappresentato come un micromondo idilliaco dove tutti sono una famiglia pacificata e problemi non ce ne sono. Non sappiamo – ma qui sono acido io – quali sono le reali condizioni lavorative dei dipendenti (e sulle strutture ricettive e la ristorazione in certi casi qualcosa si potrebbe dire, anche se non è corretto fare di tutta un’erba un fascio). In fondo, dopotutto, si è una famiglia e se si vince si dedica la vittoria e la gloria dei cieli è ottenuta. La loro azienda è la loro vita e il lavoro qualcosa di totalizzante ed identitario, non ci sono mezze misure.
I concorrenti sono tipizzati: il puntacazzista, il verace, la malmostosa, il rompicoglioni, la fatalona, il giuggiolone, lo stronzino. Quello sono e quello fanno. Il montaggio è spietato.
Come in ogni talent/factual/cazzual di Tv8, un valore dominante e principale è quello della competizione malsana. La strategia e la manipolazione sono elementi positivi, una vaga sociopatia idem, la maldicenza è ok, la faziosità e la mancanza di obiettività sono armi da sfoderare. Il modello è quello dell’uomo/della donna “del fare”, che non si perde in chiacchiere, il sergente o la caporalessa che fanno rigare dritto, perché d’altronde, in cucina/in hotel non ci può essere democrazia. Non raramente questo modello rigidamente gerarchico viene esaltato, per poi ricordare “la squadra” (che chissà in quali condizioni opera) solo alla fine, se si vince o anche se si perde. Proprio in quanto persone del fare, ogni volta che appare qualcuno di verboso o vagamente colto viene preso neanche troppo velatamente per il culo.
Sono valorizzati anche atteggiamenti viziati e lunatici, l’eccellenza e il perfezionismo malato: è normale pretendere cose vagamente assurde, il capriccio va sempre assecondato, e questo al di là della singola stanza o della colazione o della portata al ristorante. Lo spirito dell’uomo senza reali problemi che annoiato vuole crearne degli altri. L’apoteosi del “pago pretendo” al massimo livello.

È indubbio che questi programmi si lasciano guardare e sono ben realizzati. È divertente vedere Bruno che cade, che fa sci nautico, che alza il sopracciglio di fronte ad un bagno non finestrato o che telefona alla receptionist mettendola nel panico per chiedere i rigatoni con la pajata in 15 minuti. È divertente Alessandro che mette il ditino nella cappa unta e lo agita di fronte al ristoratore sbiancato, vedere i ristoratori che si lanciano frecciate come “gli agnolotti al plin sanno di sudore di cane” (realmente pronunciata da un ristoratore in una puntata piemontese). È logico che queste sono e rimangono delle dinamiche puramente televisive che servono per dare pepe. Il problema è che ogni volta che guardo questi programmi vedo trasmessi tutti questi valori che citavo prima, ridendo e scherzando e non imponendo come sempre avviene, passano. È rappresentata una società di persone che competono a suon di colpi bassi, in cui “l’altro” è il nemico. Peraltro, un modello continuamente propagandato: in questi programmi intravedo un’altra celebrazione di questo stato delle cose (e magari non solo io), trasmessa col sorriso e certe volte neanche troppo.
Il vero programma simbolo di questa modalità è in realtà Masterchef, che io trovo un programma quasi disturbante perché tutte queste dinamiche sono elevate alla massima potenza. Ma di questo parleremo forse alla prossima puntata.
