
Guardate che sguardo bonario, come ci fissa sardonico.
Questa minirecensione è gravemente viziata dal fatto che ad un certo punto, all’altezza della povera Francesca Michielin, mi sono sentito intorpidire come dopo l’anestesia e mi sono svegliato con la top 5 finale, ma sempre con una sensazione di flebile coscienza. Quindi mi mancano due brani: la Michielin, appunto, e i The Kolors, che ho recuperato ma la cui mancanza non è poi così grave: sempre lì stamo.
Carlone ha fatto ascoltoni andando di corsa e mettendo le presce al sedere pure a due chiacchieroni come Antonella e Gerry. Con 29 cantanti da ascoltare è comprensibile. È vero che questa prima serata dal Festivàl ha avuto un sentore vagamente cattodemocristiano, ma di questi tempi tocca essere persino sollevati che è stato solamente un sentore, tutto sommato. In fondo Carlo ha sorvolato su tutto senza troppo fermarsi su nulla. È un problema? Lascio giudicare agli altri (per me un po’ sì, un po no) sennò ci si dilunga troppo.
Le canzoni.
Gaia ha portato un pezzo che non finiva più e sempre con le sue evocazioni brasileire. Punta a Tik Tok e al cervello che ama le ripetizioni: chiamo io o chiami tu? Un po’ come “un ragazzo incontra una ragazza”. Siamo al grado 0,1 dello sforzo cognitivo. Va bene per far muovere i bambini al centro estivo e le signore all’aquagym.

Di Gabbani e Rkomi mi è rimasto giusto l’accento: il primo carrarino mi mette in crisi la sua identificazione di toscanità, il secondo ha questa cadenza lombarda forte, forte, apre tutte ste vocali fino al parossismo e apre pure le camicie, mostrando le tette. La sua camicia aveva il becco, come avrebbe detto il suo conterraneo Povia. Le canzoni io non le ricordo.
Noemi ha una voce fantastica e tendenzialmente la amerei, ma Mahmood e Blanco hanno preso Brividi e ne hanno fatto un reboot tre anni dopo. È un pezzo senza guizzo se non il graspo meraviglioso de ‘sta donna. Altro guizzo sicuramente il bel vestito (ma naltropo’ s’ammazza sulle scale: ho avuto un brivido che non era quello di Mahmood e Blanco).
Anche Irama mi ha colpito per questa palandrana asimmetrica da moschettiere, poi tolta per mostrare una camicia svasata da cameriere da resort. Il look bello e io lo indosserei se avessi il coraggio, anche per andare a prendere la frutta, ma la canzone è l’episodio 3×01 delle sue due precedenti partecipazioni.
I Coma Cose mi hanno parecchio deluso; loro avevano una loro cifra ben specifica che hanno tradito in questo pezzo, per concedersi a una soluzione troppo facilmente commerciale. Mi hanno irritato con questa versione che riunisce in un sol colpo Al Bano, Romina, Angelo, Angela, Veronica e Dario rappresentanti di lista.
Cristicchi porta una tematica forte ed importante che merita uno squarcio di luce; ma questi contenuti molto emotivi e profondi bisogna saperli veicolare bene, bisogna essere proprio bravi. Io trovo che lui abbia sempre un’attitudine da predicatore che è al confine fra il pesante e lo stucchevole. È molto difficile non cadere nella facile emotività (che a Sanremo piace sempre molto). Potrebbe vincere ma non so se sarei soddisfatto; oltretutto era molto teso e non ha reso neanche il pezzo al massimo.
Marcella mi fa pure simpatia, da un lato, ma 1) non si è lasciata andare a troppi (ec)cessi come “Uomo bastardo” stampato sul retrobottega; 2) la canzone è quella della donna forte che si autoincensa come una qualunque mamma pancina o donna vissuta su Facebook.

Purtroppo questi ultimi pezzi di Achille Lauro mi restano tremendamente in testa. È vero che somiglia molto a Tango, ma non so, crea un’atmosfera che mi avvolge. Poi c’è sempre la toponomastica romana (Villa Borghese), una ragazza da lasciare e che lascia, 1500 autori e tutto questo può apparire ridondante, ma…mi dispiace, a me è rimasta in testa, il cranio me la fa risuonare e la trovo adatta per cantarla davanti al parabrezza.
Poi si prosegue col momento pace e amore con Noa, Francesco e l’altra: bellissimo il messaggio di pace ma ci sarebbe voluto qualcuno che dicesse qualcosa contro i dazi, forma di guerra commerciale non meno pericolosa. Magari Alan Friedman che con la ballerina facessero du passi e poi mostrassero sul panciotto o sulla schiena NO DAZI come PENSATI LIBERA della Chiaraferragna.

Purtroppo, a me il pezzo di Giorgia non convince. Io la trovo sempre in mezzo al guado: fra la volontà di svisare ma non troppo, di fare un pezzo classico e anche moderno, quindi facciamolo scrivere a Blanco, perciò prendiamo un po’ qua un po’ là. L’ho anche risentita ma non mi è scattato l’ormone musicale. Siccome nonostante tutto la amo, spero che le vada tutto bene nel post-Sanremo ma temo non la ascolterò molto.
Willie Peyote caruccetto, Rose Villain una bonona con i colori del Catania calcio ma che ripete sé stessa: la struttura di Fuorilegge richiama quella di Click boom. Scusate la fretta ma non vorrei sbrodolare troppo, spero non si offendano se li ho liquidati così quando mi leggeranno (come no).
Olly ha portato un pezzo trito e ritrito per testo e musica, il solitissimo pezzo d’impronta nostalgica che si affida molto alla popolarità di chi lo porta e per il fatto che piace fisicamente con questo look da operaio specializzato sprizzante erotismo. Se l’avesse presentato un altro artista meno sulla cresta dell’onda non avrebbe nemmeno passato le selezioni.
Elodie anche non si è discostata molto da sé stessa, ma il brano ha qualcosa che mi avvince: mi piace soprattutto l’ipnotico finale catchy a spirale che si avvolge su di sé e ripete DIMENTICARSI ALLE 7, DIMENTICARSI ALLE 7, DIMENTICARSI ALLE 7…lei poi veramente bellissima anche col domopak, fritta col pangrattato e avvolta nella stagnola.
Di Shablo e company io non sono proprio riuscito a discernere bene il testo, c’erano una serie di mugugni che si univano tutti, si sovrastavano addirittura e insieme facevano un’unica lunga parola: forse per questo il brano s’intitolava “La mia parola”. Forse devo riascoltarlo inciso.
Massimo Ranieri porta un pezzo tutto sommato solido e adatto a lui. Si sente Titty Ferro alle sue spalle. Lui a una certa età ancora bella vocalità e arzillo molto di più di me e altri giovani individui. Che se magnerà a colazione st’uomo?
Di Tony Effe non ho capito e mi ha lasciato interdetto l’operazione stornellata per ripulire l’immagine e mostrare una nuova parte di sé. Ma a cosa vorrebbe mirare? Gli può giovare? BOH. Saranno contente le sue fan di questa sua versione Rugantino coi tatuaggi e lo sguardo truce.
La canzone di Lucio Corsi è invece veramente carina: non è cantautorato lezioso, ma un bel testo con un messaggio non banale e poi lui con quest’aspetto un po’ da folletto un po’ da vispa Teresa si fa ricordare. A me è piaciuto molto.

Il pezzo di Brunori non è male ma mi è mancato qualcosa. Lo devo riascoltare perché purtroppo il cervello, che è sovrano dopo i primi ascolti che sono fugaci, la fa da padrone e devo dire che la canzone di Brunori…al momento non mi sovviene. Temo anche che l’elettronica dominante stia minacciando un po’ le canzoni tenui e forse stiamo perdendo l’ascolto consapevole nei confronti del cantautorato. Intanto guardate qui come se la ride e com’è bello rubicondo: tranquilli che è un’immagine Creative Commons tratta da Wikipedia, come le altre.
La Brancale l’ho persa, così come la Michielin e i The Kolors causa Morfeo che mi tirava per il pigiama.
In chiusura, vorrei celebrare il ritorno del sassofono, uno strumento che sembrava ormai tremendamente vintage e relegabile alle ballate di anni ’80-’90, nonché a Mr. Saxobeat, e che invece IMPREZIOSISCE (sì, impreziosisce) i brani di Achille Lauro e Massimo Ranieri. Daje sax daje!
