HO LETTO…”IL MOSTRO MITE”

Ebbene sì, provo a fare il salto della quaglia e mi metto a recensire libri. Incrociamo le dita.

Il primo libro della serie si intitola “Il Mostro Mite”, è di un linguista piuttosto noto, Raffaele Simone, che comunque ha scritto anche saggi di varia natura come questo di cui mi accingo a parlare. Il sottotitolo è particolarmente eloquente: “Perché l’Occidente non va a sinistra”. D’altronde è una questione annosa che si ripropone a maggior ragione nei tempi in cui stiamo vivendo. Va premesso che il libro è del 2008, e di conseguenza il quadro che delinea deve essere necessariamente tarato al 2025, quasi 2026. Alcune cose sono cambiate, ma la base concettuale su cui Simone sviluppa il discorso si può considerare il punto di partenza di ciò che viviamo oggi.

Cosa sarà mai questo “mostro mite”? Per Simone è la faccia che ha assunto la cosiddetta “Neodestra”, un’apparenza moderna, attraente, che promette la felicità seppur dietro altre mire. La felicità proposta, però, non è tesa ad un generale miglioramento del genere umano, ma solamente ad un gaudente accesso al consumo di massa. È al contempo “vorace ma avvolgente”. Eppure, ha una grande presa, approfittando anche del fatto che la sinistra è in declino da diverso tempo, consapevolezza già del 2008 e che si acuisce ancora di più nel 2025. I suoi valori (come l’attenzione ai diritti dei lavoratori, alla sostenibilità del welfare, ai diritti delle minoranze, ecc) all’altezza in cui Simone scriveva, venivano considerati in corso di “ridicolizzazione”; potremmo considerarlo ormai un eufemismo perché allo stato attuale questi valori sono attaccati molto duramente. Ma anche allontanandoci dalla logica dell’attacco frontale, banalmente non fanno più parte dello “Zeitgeist”, dello spirito del tempo: sono reputati come costosi, noiosi, vecchi, faticano ad entrare nei cuori e nelle menti persino di chi in teoria simpatizzerebbe per la sinistra.

E proprio sulla situazione della sinistra, Simone si pone in una prospettiva molto pessimista. Nessuno dei valori che in passato l’avevano animata si è realizzato e l’autore mette in fila questi fallimenti uno dopo l’altro, implacabilmente. Ma è puntuale anche nello spiegare le ragioni di questi insuccessi: un passato ingombrante, l’abbandono dei costosi e difficili valori di sinistra, il frazionamento interno, un senso di superiorità malsopportato dalle controparti, l’incomprensione di tutti i nodi fondamentali di questo ventunesimo secolo. In tutto ciò, i valori fondanti che hanno a lungo ispirato i movimenti di sinistra sbiadiscono, risultano trasfigurati, secondo alcune modalità che Simone descrive e che conducono ad una “sinistra light”. E la trasfigurazione avviene perché questi valori appaiono…deprimenti. Questo anche perché sono cambiati molti degli elementi sociali che un tempo le fornivano un certo sostegno, come gli operai, i giovani che tendono a mollare la politica, gli stessi politici di sinistra che nel tempo hanno cambiato pelle, dice Simone, per inseguire lo spirito del tempo che dirige altrove.

Fra queste problematiche che la sinistra si porterebbe dietro, Simone cita proprio un certo “buonismo”, una caratteristica che anche di questi tempi le viene spesso rimproverata, nonché l’atteggiamento incerto nei confronti dell’immigrazione clandestina. È questo forse il punto più controverso, che comunque l’autore delinea fin dal momento in cui ha redatto il testo a metà anni 2000. La sinistra, secondo lui, sarebbe troppo timida nei confronti delle tematiche securitarie, se non per certe questioni addirittura connivente.

Al contrario la Neodestra, invece, appare moderna, vitale e giovane. Simone sostiene che la sua ascesa è avvenuta attraverso il populismo (discorso che ormai ben si conosce) e risulta attraente perché si giova di tecniche “incruente”. All’altezza del 2025 in parte non è più attuale questa tesi (Simone contrappone la Neodestra leggera dei primi anni 2000 con la “destra dura” del ‘900, che sembra stia tornando in diverse parti del mondo), ma è probabilmente molto vero che i suoi valori si sono inseriti in una mentalità diffusa attraverso una serie di modelli e di comportamenti che si respirano nell’aria, che conducono verso lo spregio per tutto ciò che è pubblico, ad un conservatorismo più tranquillo ma effettivo, al disprezzo per l’intellettualismo, alla tendenza al consumo compulsivo e tanti altri esiti di cui Simone parla.

Un’arma veramente fondamentale per il mantenimento di un’egemonia (di cui in questi anni la destra, peraltro, lamenta la mancanza) è l’uso del fun e dell’entertainment, dell’industria dell’intrattenimento diffusa in modo capillare, che si diffonde attraverso l’intrattenimento di vari tipi, la stampa, l’informazione, lo sport. È con questi mezzi che viene agitata una “tormenta culturale”, un “dispotismo culturale”, su cui l’autore si sofferma. La lotta per l’egemonia di cui si parla molto, secondo l’autore che, ripeto, scrive nel 2008, di fatto era già bella che conclusa: il governo dei media, dei consumi e dell’entertainment ha di fatto “convertito” molte persone che si sono allontanate dai polverosi valori della sinistra (solidarietà, redistribuzione, sobrietà, interesse pubblico…) per darsi al consumo incessante, al tempo libero costellato da svaghi e divertimenti distraenti vari che hanno condotto a una vera e propria “carnevalizzazione della vita”.

Ammetto che mi è venuta in mente l’imitazione che si faceva di Capezzone, nella quale Neri Marcorè gli faceva dire “NON VI DOVETE DIVERTIRE”; può sembrare tutta una tirata abbastanza moralistica di un vecchio professore, ma che siamo immersi in un flusso di contenuti e attività “fun” quasi felicemente e senza quasi alcuna consapevolezza, penso si possa dire.

Proprio in relazione a questo dominio di tutto ciò che è “fun”, mi ha colpito particolarmente un passo del libro, in cui Simone delinea le varie conseguenze di questo stesso dominio: il Mostro Mite vuole delle controparti puerili, che assecondino questa tensione al divertimento perenne e dominate dalla regressione, e che proprio come degli esseri mai cresciuti tirino fuori più che altro narcisismo, egoismo ed aggressività. Dal basso delle mie sensazioni, a me sembra un altro punto più che mai attuale: il mondo cosiddetto adulto – e qui torniamo nel 2025 – sembra vivere una grande regressione, che molto probabilmente ci coinvolge molto più di quanto pensiamo.

Ed anche in conseguenza di questa regressione, per Simone questa società dello spettacolo perenne porta all’indistinzione di realtà e finzione (altro tema molto importante), all’abbandono della vergogna, all’invasione di un “iper-estetismo” e della cura eccessiva del corpo, all’abbracciare un individualismo che sfocia in un ostentato egoismo, agli antipodi dei valori che la sinistra “classica” andava predicando. Di questo cambiamento di spirito, la sinistra non si è accorta o non si è voluta accorgere, rimprovera sempre in maniera tombale Simone.

Questa mancanza di presa di coscienza si affianca ad un’altra presa di coscienza ben più profonda e radicale: che la tendenza è quella al consumo, al godimento, e non alla frugalità e alla decrescita, miti più o meno recenti della sinistra. I suoi valori, spiega Simone nel libro, sono troppo difficili da vivere e da praticare. Sono quasi innaturali, secondo lui, e abbisognano di una generale “evoluzione” della società rispetto a valori più “primari” tipici della Neodestra. Molto interessante è proprio il confronto fra le priorità generali della destra e della sinistra: per quest’ultima, sarebbe importante coltivare anche la rinuncia ed il sacrificio, alla limitazione dei propri interessi al fine di arrivare il più possibile all’uguaglianza. Ma è obiettivo molto complesso, e ad oggi molto lontano nelle menti e nel modo di vivere specie del mondo occidentale. Allo stato attuale, non saremmo pronti ad abbracciarli completamente.

“Il Mostro Mite” è un saggio datato su alcuni (pochi) punti ma terribilmente esplicativo su molti altri aspetti del mondo in cui siamo immersi. È anche urticante su alcuni aspetti, non fa piacere leggere certe argomentazioni che appaiono dure e rigide, ma che per certi versi è necessario leggere, per più ragioni: perché è utile entrare in contatto con punti di vista “controversi”, perché molte tesi vanno in profondità su alcuni problemi di cui si fatica a prendere coscienza, su certe dinamiche “sottili” che hanno portato alla situazione attuale. Si finisce il libro con un senso di sconfitta e con poca speranza, perché si sarebbe dovuto fare moltissimo dopo il 2008 e molto si dovrebbe fare adesso a fine 2025. Arriverà il momento di un cambio di valori? Cosa si può prendere dal mondo dominato dal Mostro Mite e cosa occorrerebbe mollare senza pensarci due volte? Il libro apre la riflessione.

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