COMIZI D’AMORE di PIER PAOLO PASOLINI

Oggi, 2 novembre 2025, ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini. Se ne parla da un po’, in giro, e mi è venuta voglia di vedere qualcosa di suo.

Comizi d’amore”, risalente al 1964, è un particolarissimo incrocio fra inchiesta, documentario, e prodotto cinematografico. Particolare anche perché, nell’Italia apparentemente in pieno progresso da boom economico, si permette di compiere un’indagine su un enorme tabù: la concezione del sesso e dell’amore fra gli italiani, ricavandone un’impressione di grande arretratezza, che cozza con l’apparente progresso dei tempi. Sarebbe a rigor di logica un documentario, ma nell’ora e mezza di durata il suo girare in lungo e in largo per spiagge e per luoghi di svago italiani, da nord a sud, possiamo imbatterci in una serie di tipologie umane che raffigurano l’Italia di allora. Sicilia profonda, Versilia, operai milanesi, spiagge romane e altri luoghi ancora: appaiono tutta una serie di figure quasi, appunto, da film. Nonostante la serietà e la dirompenza dell’inchiesta, si ha proprio l’impressione di avere a che fare con delle figure cinematografiche, che sembrano proprio dei “personaggi” da cui il cinema italiano poteva attingere tranquillamente.

E queste figure che appaiono sono MOLTO eterogenee, come variegati sono gli ambienti in cui Pasolini porta avanti la sua inchiesta, col suo aspetto sempre impeccabile, un figurino, verrebbe da dire. Si interpellano prostitute napoletane che dichiarano di fare “una vita sporca” (e riecco la coloritura molto cinematografica del documentario) , ma anche Peppino Di Capri e Claudia Mori, fino a Oriana Fallaci, Giuseppe Ungaretti (con Pasolini nella foto accanto) e Alberto Moravia e altri che rispondono alle domande di Pasolini su sesso e amore, passando anche per le spiagge di Viareggio e i lavoratori milanesi che considerano il sesso un “hobby”, avendo loro molto da lavorare al contrario dei meridionali (qui c’è quasi uno spunto comico).

Pasolini lo dice chiaramente: l’inchiesta, sotto molti aspetti, non riesce a trovare una profondità di risposte e di visione sul tema. A metà documentario, parlando con Moravia, non nasconde il suo senso di fallimento. A dominare è la reticenza, i luoghi comuni, i pregiudizi ciechi, la vergogna, l’imbarazzo, il bigottismo imperante. Ma nonostante tutto, è un docu-movie interessantissimo su tematiche – scusate stavolta il mio, di luogo comune – sempre attuali. A vicende sessuofobiche ne assistiamo ancora oggi…

Quello che mi colpisce, oltre a quanto detto sopra, è la costante incapacità di un minimo ragionamento – se non proprio a sprazzi – che dimostrano molti intervistati, a prescindere dalla tematica specifica delle domande. Domande che a un certo punto Pasolini decide di cambiare, di rendere più “specifiche”, aderenti alla vita reale, ma si frappone sempre un muro, una sorta di nebbia della ragione, un’incapacità ad argomentare se non ricollegandosi sempre al dogma religioso ma non solo, anche sociale. Non a caso, il tema del conformismo è spesso citato, specie nei dialoghi con gli intellettuali, perché in effetti è una chiave importante che attraversa tutto “Comizi d’amore”.

Uniche lievi aperture riguardano invece la questione del divorzio, che diventerà legge pochi anni dopo (ma dovrà passare anche per un referendum). Si comincia a capire che l’indissolubilità dell’unione può essere messa in discussione. Ma sono bagliori di luce in un quadro abbastanza sconfortante; basti guardare questo stralcio di intervista, inerente sempre alla porzione di documentario che discute del divorzio, in cui a rispondere è un ragazzo calabrese:

p.s. il documentario si trova tranquillamente su YouTube.

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