Ammetto che una mia guilty pleasure a cui non intendo rinunciare è Un Posto al Sole, che è il mio fumetto quotidiano. Per una mezz’oretta dopo cena, mentre il cibo fermenta in panza e il picco glicemico crea quella sonnolenza che intorpidisce e piace, mi metto lì e mi proietto a Posillipo, in questa villa-microcosmo in cui succede la qualunque, per fare un po’ di brainwashing. Ma su UPAS mi soffermerò in seguito, se mi piglia genio.
La mia educazione alle soap opera mi è stata data da mia madre nei primi anni 2000. Quando si dice il retroterra culturale. Nelle mattine in cui faceva la segretaria part-time da un avvocato vecchione e non aveva tempo di cucinare, tornava a casa con la pizza bianca e la pizza rossa e con la faccina da paragnosta, subito dopo la scuola, mi guardava e mi diceva con la cantilena: “Mi fai guardare un pochino la televisioneEeEe?”. Io acconsentivo. E alla fine sono caduto nella rete mentre rosicchiavo ‘sti pezzi di pizza di Canale Monterano (bel paesello vicino Roma), che erano oleati e salatissimi, molto sottili, che quando erano scrocchiarelli al punto giusto erano divini, e che invece quando si guastavano un po’ finivano per essere delle sòle di scarpa. Queste informazioni di contesto sono fondamentali, perché vi dovete immaginare me a sgranocchiare davanti alla tv.

Prima è arrivata Vivere, la prima soap opera italiana del primo network commerciale d’Italia, piazzata dopo Beautiful per irretire i boccaloni come noi e fidelizzare. Ma Beautiful era troppo americana e troppo assurda anche per mia madre, nonostante fosse di bocca bona. Quindi si è auto-fidelizzata e poi ha fidelizzato forzatamente anche me e mio fratello, senza il traino di Brookky (così chiamava la soap americana la nonna di una mia amica).
Tutto si svolgeva a Como con la o chiusa, con dei bei paesaggi lacustri, quindi con un bel po’ di esterni. Poi ad un certo punto devono aver tagliato il budget, perché la soap si è spostata al mattino – e l’ho persa di vista – ma anche prima dello spostamento gli esterni cominciarono a sparire, lasciando spazio a piazzette di cartongesso, finti lungolago di compensato, bacinelle capienti a rendere le onde del lago. In generale, ecco alcuni highlights che mi sono rimasti impressi:
- Il cattivo della soap aveva delle movenze femminee, faceva no no no no con la testolina quando le cose non andavano bene assieme al beccuccio con la bocca a culo di gallina, parlava a bassa voce per minacciare e vestiva sempre con abiti sartoriali. Il webbe, all’epoca molto artigianale e dominato dai forum, fu implacabile: fu bollato come LA PERFIDA ANDREA.
- Il padre della perfida Andrea ad un certo punto si innamorò dell’ex del figlio. In una delle prime notti d’amore, tutto ingrifato, teneva fra le sue braccia questa ricciolona rossa, e si ingrifa al punto che, mentre stava iniziando tutto l’iter dei preliminari, je pia un infarto che per poco non lo lascia secco sul letto. La rossa lo porta in ospedale facendo finta di niente, spacciandosi per la sua salvatrice quando era stata la sua dolce aguzzina, dicendo a tutti che l’aveva trovato lì passando di lì per caso e fischiettando. Mi piacerebbe molto rivedere la scena del coito molto interrotto da un coccolone per la troppa eccitazione da uomo di mezza età;
- Un’altra protagonista, chiamata pisciazza o pisciatura dal web napoletano a causa del colore giallo paglierino dei suoi capelli, una donna raffinata, odiava la nuora. Un giorno parte una colluttazione con questa nuora stronza: a causa del loro catfight, la pisciazza muore cadendo da tre gradini di numero, tre. E lo sapevate chi era la pisciatura? Fiorenza Marchegiani, la protagonista femminile di “Ricomincio da tre”!

- Una giovane donnina tutta mollettone e tuta da casa era la sorella della rossa fatale che faceva venire gli attacchi di cuore. La rossa fatale, per dare un bel boost alla sua carriera, la dava abbastanza via e dopo averne combinate più di Carlo in Francia è finita a Parigi (perché chiaramente, Parigi = moda) per fare la stilista. In pratica la sua auto era finita nel lago e mentre tutti si disperavano, temendo il peggio come in una puntata di Chi l’ha visto, lei ha mandato una VHS (sì) dicendo: “Belli miei, me so’ data, sto alla Ville Lumière!”. Siccome anche mollettone e tuta voleva fare la stilista come la sorella, allora è andata a fare un Erasmus a Parigi in imprenditoria della moda e lascivia. Dopo tre mesi, è tornata con vestiti di couture, una figuretta filiforme, i capelli ricci (capelli ricci = donna di facili costumi), divenendo praticamente un clone della sorella. Da lì in poi, ha seguito le orme della sorella stilista darlavia e si è messa a sedurre uomini per farsi finanziare l’ateliè;
- Una nota avvocatessa perse la testa per una specie di avventuriero con i capelli sempre zozzi. I due si innamorano, e questa liaison viene suggellata da una fantastica scena in cui lei concede il suo posteriore in piscina. Mia madre ci ha provato a mettermi le mani davanti agli occhi, ma il tutto era davvero comico e non riuscivo a smettere di ridere. Dopo questa scena di anal nel daytime di Banale 5, l’avvocatessa, molto colpita evidentemente dalla dotazione del suo ganzo, dimentica di essere una donna di legge e bella e buona decide di aiutarlo a rubare un quadro che gli avrebbe consentito di svoltare economicamente. Non finì bene, ma non ricordo come.
Passiamo all’altra soap, Centovetrine. Spodestò Vivere nello slot dopo Beautiful e anch’essa ottenne un grande successo di pubblico. Ambientata in un centro commerciale, con qualche esterno torinese, per il resto tumulava il suo cast in interni di case e in un centro commerciale pezzotto con una fontana zampillante al centro. Nel mio percorso di formazione soapoperaia questa mi ha deviato molto meno, perché con il procedere dell’adolescenza mi ribellai un po’ di più alla visione forzata delle soap prandiali e prestavo molta meno attenzione alle sue vicende. Due chicchette di questa soap, però, la ricordo:

- Anna Safroncik si era sposata con un torsolone biondo, ma poi si intrattenne con il suo vero grande amore nel cesso del ristorante dove si stava svolgendo il ricevimento di matrimonio, con un meraviglioso tempismo. Il tradito aprì la porta, si trovò questi due in piena estasi d’amore e la prese sportivamente, risolvendosi per un gesto clamoroso. A me pare di ricordare che sabotò i freni della macchina del rivale, mandandolo fuori strada e costringendolo alla sedia a rotelle. Poi ritornò nel letto da Anna Safroncik per suggellare la promessa d’amore già funestata dalle corna flash, con un’altra bella scena di trombata tipicamente fillerona che Boris celebrerà qualche anno dopo;
- Il proprietario del centro commerciale, il classico businessmen del fare ciuf ciuf lavura lavura, aveva vissuto un amore contrastato con una bella donna d’affari dalla chioma fulva. Durante una vacanza in barca, anzi, sulla barchètta, a lei rodeva il chiccherone perché si era sentita tradita per qualche motivo. Quindi, sulla tolda della nave dell’amore, tutt’ad un tratto la bella donna fulva tirò fuori la pistola minacciando il padrone delle ferriere. Ti uccido, ti ammazzo, stai calma, stai calma. Poi viene il meglio. L’imprenditore cerca di disarmarla, comincia la solita colluttazione ma lui mette il piede male, scivola e dà una sonora cragnata sulla ringhiera. Si rincoglionisce, barcolla, gira per tutta la barca con la vista annebbiata e poi, barcollando barcollando…finisce in mare. Ovviamente, la rossa col cazzo che ha chiamato i soccorsi. L’ha lasciato ad annegare, perché era rintronato dalla capocciata e non è più riemerso. State tranquilli perché mia madre ci ha tenuto a farmi sapere che è risuscitato per altre due volte. Quindi qui ha ripreso conoscenza prima di finire cibo per i pesci, ha nuotato per salvarsi ed è finito molto probabilmente in un villaggio di pescatori col ficozzo in fronte. Che scena cult. L’ho adorata nella sua surrealtà.
Ma quali erano gli elementi in comune fra le due soap, praticamente gemelle? Cosa potevano desumere i fans e le cazzalinghe che stirando stirando e frullando frullando buttavano un occhio alla soap?
I personaggi in linea di massima erano personaggi “che si erano fatti da sé”. In fondo le due soap erano ospitate da Mediaset, fondata dal self made man più famoso d’Italia. Quindi tutti imprenditori, avvocati, negozianti, medici con la parcella salata, ristoratori. No fruttaroli, benzinari, insegnanti, banali dipendenti o lavoratori nella pubblica amministrazione (impiego credo punibile dalla legge in quel microcosmo). Un mondo in cui al centro era il successo economico di un certo tipo: nessuno spazio per lavoratori dipendenti, disoccupati o eccentrici, o perlomeno se questa condizione veniva raccontata era solo temporanea e accompagnata da un periodo di dipendenze come droga o alcolismo: poi si rientrava nei ranghi. Chi non ce la faceva o crepava o usciva dal cast.
Il corollario del punto precedente era naturalmente l’assenza di temi sociali. Mentre Un posto al sole appare per il corso di tutta la sua lunga storia molto più attenta a problematiche contemporanee, in Vivere e Centovetrine dominava il quadrilatero amore – sesso – soldi – potere. Ci aveva provato inizialmente solo Vivere: ricordo vagamente l’avvocatessa anale difendere una povera crista perché s’era magnata sottilette pezzotte (giuro), affrontando dunque la tematica della contraffazione alimentare. Per il resto, le soap s’incentravano su relazioni, first world problems e intrighi di potere…e tutto il mondo fuoooori! (cit.)
Le due soap secondo me, inoltre, educavano al fascino del machiavellico. Fa parte anche del genere, senza dubbio, ma le canaglie e lo stile di vita del tipo “il fine giustifica i mezzi” avevano un trattamento che in certi casi si poteva definire addirittura benevolo. C’erano i buoni un po’ ingenui ed idealisti, ma, insomma…vuoi mettere con chi manipola persone e cose per ottenere ciò che vuole? Mantenevano sempre un alone di figaggine. Il patriarca imprenditore di Centovetrine, ad esempio, in una delle sue tante vite, era quel tipo di personaggio manipolatore ma irresistibile, tutt’altra cosa rispetto alla noia buonista dei bonaccioni.
Non sembrava neanche troppo disprezzato il comportamento di quelle donne che usavano il loro corpo e la loro avvenenza per raggiungere le loro mete. Che vi suggerisce tutto ciò? Si era nei primi anni duemila, periodo molto caldo se pensiamo a imprenditori rampanti e donne “libere imprenditrici” della loro immagine. Ricordo distintamente il personaggio di una ragazza che per mantenersi agli studi faceva la escort: il modo in cui era rappresentato virava quasi sul patetico, a tratti appariva come una vittima, e pur non potendo giudicare, anche sospendendo il giudizio e non potendo dare ovviamente alcuna patente di vergogna, era una tematica quantomeno controversa e non risolvibile nella mera rappresentazione del brutto anatroccolo.
Va detto che queste due soap avevano un incredibile seguito sui forum. Il tono dominante era quello della perculatio, ma oltremodo pesantissima. I giusti riguardi attuali erano praticamente sconosciuti: c’era bodyshaming spinto, ad esempio, e a personaggi ed attori si diceva la qualunque. Era già un web moolto selvaggio, con moderazione lenta e volontaristica. Inoltre, dalle discussioni online si evinceva che il seguito era trasversale: non erano prodotti appannaggio solo di nonne, casalinghe e ragazzine timide e sognanti. Se le sciroppavano gente di tutti i tipi, anche uomini, anche professionisti. Il bello era naturalmente vedersi la puntata e andare a leggere i tremendi commenti. Mi vergogno un po’ a pensare che, da giovincello adolescentello con la testa solo per spartire le orecchie, ridacchiavo di fronte a commenti che oggi mi farebbero storcere il naso.

Ad un certo punto, nel giro di due-tre anni la dittatura soap-operaia volse al termine: io e mio fratello decidemmo di fare un vero e proprio colpo di mano. Si dovevano guardare i Simpson che andavano in onda in contemporanea su Italia 1, punto e basta; ebbe del clamoroso che mia madre…si mise a guardare i Simpson con noi. Ah ah ah (leggetela con la risata di Lisa). Iniziò un altro bel periodo teledipendente con la genialità di quella serie animata.
