Questa storia inizia con una signora ben agghindata che aveva fatto il corso di computer al centro anziani e che mi mostrava sul tablet la locandina del saggio di danza. Un gruppo di signore e signorinelle stagionate a sorridere in una posa di gruppo davanti all’obiettivo, per pubblicizzare questo benedetto saggio di maggio. Sotto, il nome della scuola di danza convenzionata sempre con il centro anziani, seguito dall’espressione inglese “DANCE SHOW”, suggerita da qualche nipotino ticche tocher. Ancora più in basso, l’indicazione della via del dancing: VIA DELLA PORCARECCIA, in totale dissonanza con il tentativo di internazionalizzare il tutto. Laddove un tempo maiali e scrofe razzolavano beati nell’attesa de diventà prosciutti, adesso un grande dancing in mezzo al verde ospita una scarambola di over che domenicalmente attiva la circolazione e socializza. Io: beeello, braaava, braaave. Devo però ammettere che questa dissonanza fra il dance show, la foto e la porcareccia mi stava per far scappare una sonora risata. In nome della bellezza della proattività senile, mi sono trattenuto.
E insomma una domenica di maggio, indotto dalla spinta gentile di madre, mi sono recato a questo dancing per assistere al saggio.
Già solo per la fatica di trovare parcheggio mi avrebbero dovuto conferire lo status di primo ballerino ad honorem. Poi sono entrato nel locale e la loro maestra, una bella donna ex campionessa di danza sportiva, introduceva le sue “ragazze” e ciò che avremmo visto. Accanto a lei, una bella donna tutta acchittata per l’occasione: era la maestra di tango, con i suoi tangueri altrettanto old fashioned, ma sprint, nonostante l’età media sfiorasse i 70 anni. Dieci minuti di reciproco slinguazzamento su come è bello collaborare insieme, e poi il picco emotivo: la maestra delle ragazze over, con commozione, ha ricordato alcuni dei ballerini che nell’ultimo anno sono passati a miglior vita. D’altronde, stiamo pur sempre parlando di una scuola di ballo convenzionata col centro anziani, e il tasso di mortalità purtroppo è tendenzialmente alto. Cinismo a parte, è stato tenero vedere questa donna sinceramente commossa per alcuni dei suoi allievi che non ci sono più.

Si inizia a bomba con i tangueri, impegnati in un tango geriatrico. Io trovo da sempre il tango assolutamente soporifero, e considerando che eravamo di primo pomeriggio, ora della cecagna, ho fatto fatica a tenere gli occhi aperti. La donna acchittata, al termine di una delle loro esibizioni (eh sì, ne hanno fatta più di una), ha chiamato al centro un signore tutto stortignaccolo di ben 87 anni per fargli prendere un applauso, visto il modo incredibile in cui balla nonostante l’età! E mi tocca confermare assolutamente! Bravone senza dubbi. Poi ha dovuto rovinare tutto con la solita uscita retorica: “Io amo ballare! Io morirò sulla pista da ballo!”. Vedete? Sono loro che parlano sempre di morte, non io.
Arriva madre con il suo gruppo di coreografico, impegnate in un samba sulle note di uno stereotipato Cacao Meravigliao. Brave ed allegre nei loro vestiti sgargianti che frusciavano, si sentiva proprio fare: frusc frusc. Il vocalist di Ballando con le Stelle avrebbe detto: OCCIOOOOO! D’altronde, parliamo della crème de la crème dell’arte coreutica del centro anziani: le più brave, infatti, sono state proprio selezionate per i balli coreografici, uscendo dall’anonimato del ballo di gruppo.
Purtroppo giunge il momento del ballo di gruppo, un gruppo molto nutrito, che occupava praticamente tutta la sala. Le maestre, prima della partenza della musica, hanno cercato di raccomandarsi: “Mi raccomando, la gestione degli spazi!”. Subito dopo, è iniziato un vivace country finito malissimo: spazi non gestiti e possibile incidente diplomatico con gli USA. Sono andate ognuna per i cazzi propri. Idem per quanto riguarda la successiva esibizione, colonna sonora “Money money money” degli ABBA. Madre mi ha detto, al termine del saggio: “Bisogna avere pazienza, c’erano tutte le principianti”, detto con l’aria di chi dall’alto di una grande carriera giustificava le novizie emozionate, come Oriella Dorella di fronte ai brutti anatroccoli alla sbarra.

La maestra acchittata non demorde e propone un ballo argentino che si chiama, se non ricordo male, chacarera. Una danza rurale, contadina, in cui l’uomo e la donna si fronteggiano muovendosi e facendo dei gesti di corteggiamento, simili a quelli degli uccelli. Il problema era che due donne erano spaiate, probabilmente donne separate ed iscrittesi a tango per “ripartire da me”. E allora si sono corteggiate a vicenda, in un tocco di same sex chacarera che ha dato un tocco di wokism alla giornata.

Ecco un’istantanea di due chacareri
Nel frattempo, la spinta gentile di madre mi ha obbligato (sempre assecondando i principi del nudge) a fare un po’ di riprese con lo smartphone, stando attento a riprendere PRIMA A LEI, e poi se proprio riuscivo potevo concedermi delle rapide panoramiche su tutte le altre. Sono riuscito a trovare un posticino per le inquadrature abbastanza tranquillo, ma certamente non il migliore; le postazioni migliori a bordo pista se li sono contesi mariti e nonni guardandosi in cagnesco. Ne andava della loro tranquillità domestica: in caso di riprese insoddisfacenti, se dovevano sorbì le moji incarognite (non sono dolci giapponesi, ma le donne romanacce con un megafono al posto delle corde vocali).
Tornano a bomba poi proprio le coreografie di madre & friends, con una danza orientale consistente tutta in giochi di teli e stoffe. Quelle che si impegnavano nei giochi di stoffe le ho viste molto a loro agio, dato che si trattava di fare il gesto dello scrollare le briciole della tovaglia. Ma il wokism tanto bistrattato ci insegna che questo in fondo è un pensiero patriarcale. Anche gli uomini scrollano le tovaglie.
Gran finale con un’altra bella coreografia, tratta da “Il fantasma dell’opera”, gradevole e quasi…artistica. Nel pendolo oscillante fra l’acquagym, il villaggio turistico, la ginnastica dolce e la danza, in quest’ultimo caso si sono avvicinate molto di più proprio alla danza. Lontani i tempi di quando, ai primi tempi, si prendevano in giro autodefinendosi il corpo di ballo “Più corpo che ballo”, anche detto da figli e nipoti “More body than dance”. Con tanto di parrucca bianca, neo finto d’ordinanza e vestito lungo da gothic ladies, strappano applausi a scena aperta. Eeeeee.
Si conclude il tutto con la maestra di ballo ancora una volta visibilmente commossa, ringraziando tutti i soliti sponsor (il macellaro, la pescheria, la parrucchiera), e sentenziando al microfono: “LA DANZA È VITA!”, sconfessando i riferimenti alla morte che erano aleggiati nel dancing ex porcareccia e che grazie alla danza sono un po’ più lontani.
