Avrei potuto individuare un titolo più letterario, invece non mi perdo in troppi fronzoli, l’argomento è questo, SAGGIO DI CANTO, in maiuscolo come le canzoni dei trapper su Spotify.
Peraltro l’immagine in evidenza di questo post l’ho creata con l’IA grazie a una simpatica nuova funzione di WordPress. Mica pizza e fichi.
I saggi di canto solitamente si fanno in estate o in tarda primavera, dopo un anno di ragli e di insegnanti di canto disperate. Invece quest’anno la titolare della scuola non ha avuto tempo per organizzare fra maggio, giugno e luglio, essendo molto incinta e dovendo partorire una bella bambina. Non appena sfornata la pagnotta, si è subito rimessa in moto e via Whatsapp se n’è uscita dicendo: sto ancora coi punti del parto cesareo, ma vedrete che ad ottobre tiro fuori una fantastica serata. Ha addirittura anticipato a settembre. Bionica. Io speravo di averla sfangata e invece no. Il mio cervello mi avrebbe indotto a fuggire, ma dentro me vive anche un’inflessibile maestrina dalla penna rossa che col ditino puntato mi minaccia e mi dice: VAI.
E quindi…
…la serata si è svolta in un sabato sera di settembre (quante s, vi ricordate l’allitterazione studiata al liceo? Un trionfo di sibilanti).
Location: un locale specializzato in carne e pizza, dotato di un bel palco e di un bell’armamentario di luci e strumenti. Ci si accede oltrepassando un fiumiciattolo ormai clinicamente morto, praticamente contaminato. Non l’Arena di Verona, in cui si esibiscono in serate speciali ormai porci e cani (quindi potrei anch’io), ma neanche una soluzione così malvagia. Sulle pareti, tante foto con tutti i musicisti – di nicchia – che hanno suonato nel tempo in questo locale; in realtà neanche troppa nicchia perché mi è sembrato di scorgere qualche jam sessionist di una certa caratura e persino Luca Barbarossa. Io comincio a sentirmi piccolo piccolo.

Visto che questo post tratta di un’insignificante vicenda personale, potrebbe acquistare più senso divenendo un po’ più istruttivo. Quindi, ecco a voi il muscolo diaframma tratto da Wikipedia.
Il pre-serata e l’incoraggiamento della titolare neomamma avvengono nel backstage, uno spazio un po’ al chiuso un po’ all’aperto intorno alle caldaie e agli sfalci del pratino accanto. Lei e gli altri maestri ci dicono: non vi preoccupate di sbagliare e di steccare, divertitevi! Però cercate di mettere in pratica ciò che avete imparato! A me sembra di non aver imparato nulla, oltre un anno e qualche mese buttato nel cesso in un attimo di sconforto. DEVO ATTIVARE IL DIAFRAMMA! IL DIAFRAMMA! Giro nervosamente fra le caldaie con una mano sulla bocca dello stomaco, cercando di sentire il clac dell’aggancio del diaframma, come il suono del tappo del barattolo dei sottaceti quando si apre.
La tematica della serata, consigliataci dall’attivissima titolare, non era niente male. Dovevamo studiare e portare un pezzo che ricordasse la nostra adolescenza e un pezzo a piacere, che ci venisse bene. Con la mia solita indecisione ho passato buona parte dell’anno e tot mesi a pensare cosa potesse andare bene per me; a dire il vero, il pezzo dell’adolescenza mi è venuto immediatamente in mente, per una serie di motivi, quindi su quello sono stato ben più centrato.
La titolare presenta con una scioltezza invidiabile la serata, alla quale per fortuna hanno presenziato giusto i parenti. Il locale carne e pizza era tutt’altro che gremito. Fiuu. Non si parte immediatamente. Dopo aver ringraziato i vari sponsor (il macellaio, l’azienda agricola, il centro benessere e la cartoleria che frequentavo da bambino!), era d’obbligo elencare le opzioni mangerecce a disposizione per gli ospiti: pizza e patatine dieci euro, carne e patatine undici euro, se volete c’è anche l’opzione pasta e carne quindici euro. Vi immaginate Baudo o Amadeus che a Sanremo, prima di presentare i cantanti, elencano il menu per la platea? Ostriche e champagne centoquindici euro, caviale e vodka trecentoventi euro?

Un intervallo con Amadeus versione sanremese che ci benedice il post e ci fa sentire più vicino ad un’atmosfera sanremese, sebbene si stia parlando di un saggio di canto dimenticato da Dio e dagli uomini. Da Wikipedia, eh
Passerei al racconto delle illustri personalità che si sono esibite, solo quelle salienti, per non allungare troppo il brodo.
Ad iniziare è una bambina di pochi anni, che un’adolescenza ancora non l’ha vissuta, beata lei. Quindi per lei solo un pezzo a piacere: “Pastello bianco” dei Pinguini, che in effetti è molto in target (mica verrà ad insultarmi il fandom?). Tanti applausi, anche per la legge del “pare brutto” (mica si può essere freddi con una bambina!).
A continuare invece un uomo anziano, per la serie “le stagioni della vita dalla A alla Z”, con il cappello largo come un buttero, e che tremava per l’emozione mentre cantava. Mi ha messo parecchia agitazione. La canzone della sua adolescenza era “La ragazza di Ipanema” e questo può far capire l’età (mi si perdoni l’ageismo). Il pezzo a piacere non l’ho ben identificato, ma era sempre un’anticaglia e petrella (come si dice nel centro Italia) in cui questo vecchino tremante doveva fare un po’ il crooner: a causa della tremarella non gli è riuscito bene, mannaggia mannaggissima.
Garota de Ipanema (La ragazza di Ipanema, The Girl from Ipanema nella versione in inglese) è una canzone composta da Vinícius de Moraes e Antônio Carlos Jobim. La più diffusa versione sull’origine della canzone è quella che vuole che Vinícius de Moraes e il compositore Antônio Carlos Jobim furono ispirati da una giovane quindicenne che passava quotidianamente, nel suo tragitto tra casa e scuola, davanti al Veloso, un locale di Rio de Janeiro sul litorale di Ipanema. Moraes decise quindi di dedicarle una composizione in versi, quasi a simboleggiare un inno alla bellezza femminile brasiliana. La prima incisione italiana del brano è dovuta a Bruno Martino che la incise nel 1965 come lato B del 45 giri di E la chiamano estate. Ed è questa la versione che il vecchino traballante ha proposto al localetto di provincia. [Tratto da Wikipedia tranne l’ultima frase che è attribuibile all’autore me medesimo]
Poi una signora infermiera con un bel caratterino, molto più di tanti giovani, che mi precedeva nelle lezioni e con cui ho avuto modo di attaccar bottone. Lei possiede un vocione basso davvero interessante, secondo me: l’insegnante di canto le dice che ne avrebbe di più, ma non la tira fuori questa voce in eccesso. Non la vuole tirare fuori lei, perché ama i suoi bassi e il suo risparmio energetico: che mentalità. Faccia come il deretano e grande sicurezza sul palco per lei. Quest’infermiera canterina si è esibita prima col pezzo dell’adolescenza in coppia con un altro insegnante di canto, ovvero “Stumblin’ in”: molto carini. Poi la canzone a piacere: “Il peso del coraggio” della Mannoia, dopo la quale, lei così tosta, si è messa a piangere. È letteralmente crollata in questo momento realitystico e da talent di Mediaset, ringraziando in aggiunta tutti i suoi familiari che sono la sua vita. Grande attitude e poi: il crollo in salsa televisiva nazional-popolare.

Guardate che carini Chris Norman e Suzi Quatro nella copertina del singolo. Fonte: http://www.discogs.com/viewimages?release=417330, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=40749232
Si cambia totalmente registro con l’esibizione dei maestri di strumento della scuola, che hanno proposto una serie di pezzi rock e metal: vetri che tremavano e bambini spaventati. Momento “non per famiglie”. Bollino rosso.
A seguire, un’altra donna di mezza età pervasa dalla paura, che ha cantato “Canzoni” di Mietta (per il ciclo “la mia adolescenza”) e come pezzo a piacere “Glicine” di Noemi. E allora tara tara tara ta ta ta. Ricordi ancora guardavamo LE, le navi dalla spiaggia spariRE. Purtroppo poverina si è emozionata e ha steccacciato, specie il pezzo di Mietta con quei suoni luuunghi: che si tratta di noooooooiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii (che una mitica Cortellesi a Mai Dire Qualcosa terminava in uno sbadiglio: yawn). Non è un problema, può succedere, ci mancherebbe altro…solo che lei al termine dell’esibizione continuava a ripetere che era stata una bella esperienza ed era andata bene, e io a confermare falso come Giuda. Ma sono bugie bianche. E in fondo quello che conta è come si percepiscono, le cose, e come ce le si racconta. O no? E allora le ho lasciato dire a ripetizione: è stata davvero una bella esperienza, mi sono divertita, è andata bene, è stata davvero una bella esperienza, mi sono divertita, è andata bene, è stata davvero una bella esperienza, mi sono divertita, è andata bene…
Il successivo è stato un giovane ragazzo, anche lui emozionatissimo. Sanremo continua a regnare sovrano e dunque largo a “Tango” di Tananai. In questo caso il problema è stato il testo. Ad un certo punto, per la troppa emozione, ha pronunciato un Amore, fra le pallalline a fuoco. Le pallalline. Ecco, lì non mi sono sentito bene. Per me e per lui. Però il pubblico di familiari ha glissato e non ha fatto un plissé. Solo un anzianotto impertinente si è girato verso la sua vicina del tavolo dietro di me e ha chiesto: “Le palline?”.
Penultimo atto, il laboratorio di musica d’insieme. L’infermiera si è sobbarcata l’onere di fare la voce di alcuni strumentisti in cerca di cantante. Il problema non trascurabile è stato che alcuni di questi musicisti era al primo saggio e al primo anno (il vero saggio della parte strumentistica era a parte, in un’altra serata). Quindi, se con “One” degli U2 se la sono cavata, con il secondo pezzo, “Atomic” di Blondie, una tragedia greca e pure romana. Tutti fuori tempo, la cantante infermiera che sbagliava gli attacchi, esibizione interrotta e poi ripetuta ma sempre con piccoli incidenti di percorso. La titolare non si è scomposta e ha gridato al microfono: NON VI PREOCCUPATE, L’IMPORTANTE È LA MUSICA! Anche quanto viene martoriata, avrà pensato il pubblico ivi convenuto.
Infine, tutti sul palco per il momento music unites the world. Il coro finale con tutti i partecipanti sulle note di “Aquarius – Let the sunshine in” un po’ alla viva il parroco ma l’avevamo provata una volta e le voci all’unisono tutto sommato mettevano una toppa al tutto. È stato tutto sommato un momento carino. Io mi sono sentito per un attimo star dell’evento benefico Roccacannuccia for charity con tutto il gotha della musica mondiale.
Ah, poi ovviamente si è esibito il sottoscritto.
Era pur sempre un saggio di canto di provincia, ma è stato davvero notevole il modo in cui i musicisti mi hanno accompagnato nel pezzo a piacere, “Il comico (sai che risate)” del mio Cesare. Ottima resa. Sarei stato tentato di ringraziare questa magnifica orchestra che fa un lavoro incredibile come un cantante consumato, ma ero troppo emozionato, non ho avuto la giusta prontezza.
Avevo paura di almeno cinque cose diverse (del fiato, del tempo nelle strofe, dell’ultima vocale del ritornello tenuta, di come tenere il palco durante la parte strumentale senza sembrare un palo del traliccio, del clac del diaframma), e alla fine diciamo che il risultato non è stato disprezzabile. La titolare nel congedarmi mi ha detto che sono stato bravissimo! Pappappero, pappapà. Ma d’altronde, doveva in qualche modo tenermi buono: altrimenti mica avrei sganciato tot euro del contributo per il saggio!
Comunque la titolare l’ha detto a tutti, che sono stati bravissimi.
E poi ho cantato il pezzo designato per rispolverare i ricordi della mia adolescenza. A questo, però, dedicherò un post a parte.
