Non postavo da un sacco di tempo. Diciamo anche questo blog è ormai arenato (ammesso che sia mai decollato), ma oggi un evento terribile ed inaspettato mi ha colpito al punto da volerne scrivere. Ne ho sentito un’esigenza molto forte, forse per metabolizzare.
Ne parlerò omettendo dettagli il più possibile, perché mi sembra doveroso proteggere il più possibile la storia del protagonista di questo post.
Oggi una collega ci comunica che un altro collega, appartenente ad un settore diverso dal mio, giovanissimo, è morto. Non lo conoscevo, onestamente, l’avevo visto pochissime volte ma avevo potuto collegarne nome e figura, a causa di una fugace incombenza lavorativa. Non penso di averci nemmeno parlato. In un certo senso mi aveva colpito, ma è stato veramente un contatto minimo. La mia capacità spesso non necessaria di essere fisionomista e di ricordare nomi e cognomi mi aveva permesso di “catalogarlo” e di passare, quelle poche volte che mi capitava, accanto alla porta su cui campeggiava il suo nome ricordandomi di lui.
Della sua morte non voglio rivelare modalità o altro, come ho detto sopra. L’unica cosa che posso dire è che questa morte è stata particolare, si è contraddistinta per un dettaglio diciamo singolare, che apre due possibilità: una fatalità assurda o una tragedia vera e propria. La seconda ipotesi mi ha letteralmente gelato il sangue ed è tutto il giorno che ci penso. Anche se questa persona, per me, era di fatto sconosciuta.
La verità è che nei discorsi che si stanno compiendo su di lui – perché ovviamente la voce è girata rapidamente anche per lo strazio dei colleghi più immediatamente a lui vicini – è emerso che condividevamo qualcosa. Il collegamento fra questo e la sua morte è stato immediato (tranquillizzo subito: non è ovviamente nulla di negativo). Non so bene come descrivere quei pensieri a metà strada fra la mente e la pancia, che con il corpo fanno subito comprendere qualcosa, con un vero e proprio click fisico. A dire il vero, non appena si è saputo che non c’era più, ho avuto IMMEDIATAMENTE un brutto sentore. Bisogna ancora capire la reale natura della sua fine, ma ben prima di conoscere maggiori dettagli sulla morte, mi è sembrato subito di capire, di aver collegato. E, immancabilmente, dopo aver saputo di più, ho avuto una quasi conferma. E anche gli altri, pur non esprimendolo apertamente, nelle pieghe delle frasi, lo lasciavano intendere. Anche se non c’è e non ci dovrebbe essere un nesso naturale. Ma purtroppo alcune fredde statistiche e diversi casi di cronaca questo nesso lo istituiscono, eccome.
Ho per qualche secondo addirittura sperato che non fosse l’ipotesi peggiore, ma quella più “assurda”, in un certo senso, perché sarebbe stato più consolante. Ma era certamente un pensiero malato. Non c’è più niente per cui sperare o per cui optare per questa persona. Non c’è più, ad un’età che oggi si definisce “il fiore degli anni”, essendosi dilatata come un elastico la giovinezza che spesso si prolunga indefinitamente. E qualcosa in questa morte si è rivelato incredibilmente… giovane, quasi infantile.
Si sa com’è, gironzolando sui social alla fine, in un percorso senza soluzione di continuità, si finisce per beccare profili. Vedi il profilo della collega, dell’amica della collega che segue l’altro collega, poi trovi la conoscenza in comune ecc ecc ecc in un profluvio di eccetera. E, manco a farlo apposta, mi ero imbattuto nel suo, di profilo, qualche tempo fa, che ho consultato per qualche minuto. Mi sono imposto di non tornarci. Però me lo ricordo, vagamente. Mi viene da dire che questi social non sono neanche una vetrina. Sono una finzione totale, un teatrino, quelli che rappresentiamo su questi profili non siamo noi, siamo proprio altri. Mi verrebbe da dirlo anche se la seconda ipotesi non si confermasse come quella reale. Lo confermo anche se la sua morte sia avvenuta per un tragico imprevisto. I social sono mero personal branding, ma i brand che vogliamo trasmettere sono pezzotti, roba di seconda mano, non sono neanche una nostra proiezione. Perché si proietta qualcosa che esiste. I veri “noi” in questi profili non esistono.
È inutile essere ipocriti: il lato più curioso e morboso vorrebbe essere aggiornato sul perché, sul come, sul quando tutto ciò sia avvenuto. Ma vorrei tanto non saperlo: in primis per rispetto nei suoi confronti. Perché non è più importante e non sono tenuto. Ma anche per non avere quella conferma che non vorrei. Lo so che io mi sento esente, in fondo, da questa possibilità. Ma il fatto che esista e che non potrei escludere che possa accadere fa sì che io preferirei non sapere, quando tutti vorranno invece sapere, e quindi probabilmente in qualche modo lo verrò a sapere.
