
Buonasera, buonasera a tutti. Dopo enne secoli, il blog riprende le sue (regolari?) trasmissioni, o quantomeno ci si prova.
Oggi avevo un giorno di ferie e, accanto a varie commissioni da fare, ho preso appuntamento per andare dal barbiere, un barbiere nuovo. Il precedente ha chiuso baracca e burattini per andare a fare nonsocosa, lo si vede sfilare per le vie della cittadina con una rollroyce o una arlei devisson (che cazzarola ne so) a fare la spola continuamente a destra e a manca: chissà in quale nuova vita si è andato a incastrare. Con lui avevo un grande problema: riempire i buchi e l’imbarazzo della solita puntata dal barbiere, sopportare che qualcuno ti tocchi continuamente e in maniera ravvicinata, costringerti a fare un bilancio della tua vita quando persino il tuo cervello nei momenti di solitudine si rifiuta. Ma è un problema storico, atavico. IO DETESTO ANDARE DAL BARBIERE, con tutto che è un mestiere iper-rispettabile, dalla grande funzione sociale e non scherzo.

Ho parcheggiato la mia pandina racing color arancio di Sicilia (di cui vado fiero, pandina pride), e nervosamente sceso dalla macchina ho cominciato a riepilogare mentalmente un po’ di cose: come voglio che me li faccia sti capelli? Di che cosa parliamo? Puzzo? E no cazzo, mi sono fatto la doccia stamattina.
La prima domanda non è oziosa, perché faccio schifo in quella particolare microlingua che è la linguistica del barbiere: non so spiegare come voglio i capelli. Gli emisferi del cervello mi fanno Giacomo Giacomo. È andata così anche questa volta: io ci ho provato a spiegare ma credo non ci abbia capito ‘nu cazz, perché poi ha preso in mano le fila del discorso e, in base anche al grave fenomeno della voragine che si sta aprendo al centro della testa, ha capito come doveva intervenire e me l’ha detto. Io: sì, sì, sì, sì. Basta che tu riesca a verbalizzare quello che… io non so se voglio, ma se me lo dici lo faccio mio, basta chiudere con questa impasse mentale.
Dunque, com’era questo barbiere? Non aveva grande voglia di parlare e quindi, da un lato, mi sono rinfrancato. Però poi è sorto un problema: come riempire i buchi di un silenzio grave? Come non pensare che mi sta TOCCANDO i capelli e la testa (oh, non lo sopporto, toccami da altre parti, punti a b c d e f g, spalle dorso one two three ma in testa no)? Ha ovviato al problema un boomerone con la mascherina color cacca di Siena che è entrato senza appuntamento (e invece io avevo SCHEDULATO la mia sortita, eh la classe non è acqua). Ha cominciato a lamentarsi della fila che deve regolarmente fare agli ospedali e ho IO RISPOSTO con il barbiere MUTO che continuava a operare su di me. Ho pensato: e vai, un argomento di discussione non scabroso. È cominciato un dialogo fra me e questo signorotto prostatico, che è addirittura sconfinato nel grave vulnus del numero chiuso nelle professioni sanitarie, che è una vergogna in mancanza di personale, signora mia ecc ecc. E il barbiere? Scazzatissimo a rispondere a mezza bocca, si limitava a dirmi di fare dei micromovimenti con la testa per meglio lavorare sulla mia capocchia.
Alla fine delle operazioni, questo barbiere mi ha detto proprio che dopo la sua risistemata sembravo un altro, che chissà da quanto non mettevo piede da un barbiere, insomma mi ha proprio detto, velatamente ma neanche senza troppo nasconderlo, che quando sono entrato ero il figuro “prima della cura”, e che ora invece ricominciavo ad avere sembianze umane. Con il ditino alzato, mi ha inoltre prescritto di usare un po’ di balsamo per la barba, e se avesse continuato avrebbe detto “che me pari no scappato de casa”, anche considerando il mio ingresso prima delle cesoie, condizionato anche da un vento forte che ha scompigliato la mia chioma con piazzola in costruzione al centro.
Ma io ti adoro. Calpestami, usami, straziami l’anima. Rimproverami pure. Preferisco te, senza troppi fronzoli, rispetto al vecchio barbiere che giocava al brillantone e che usava procedere agli interrogatori, costringendoti a pubbliche confidenze di fronte a sale di attesa piene di astanti impiccioni, nonché aggiungendo pure commenti sessisti o luoghi comuni della peggior specie. Non mi farai passare l’avversione del barbiere, che è un problema mio, me ne rendo conto, ma io oggi ti promuovo. E se proprio insisti, il balsamo per la barba me lo andrò a comprare. Me lo spalmo sul barbùn e lo metto sulla fetta di pane casareccio.
Post Scriptum. Mi sono accorto, all’uscita, di avere una caccoletta in fuorigioco. Io credo che la prossima volta me lo farà notare. Balsamo per le nari.
